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“Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile;

ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto,

e per lo scopo giusto, e nel modo giusto:

questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile”

Aristotele

 

Antefatto

Ho inviato un paio di messaggi chiari ed espliciti a due persone che tenevano in scacco delle importanti situazioni lavorative: ho superato la paura di essere rigettata a priori e ottenuto anche dei risultati. “Perché ho aspettato tanto?” mi sono chiesta, … ecco come è nata l’idea di capire un po’ di più come usare la rabbia.

PORTAR LA CROCE CANTANDO, SERVE? ANCHE LE RICERCHE DICONO DI NO!

Una  ricerca durata trent’anni sulle coppie ha dimostrato che quelle  che sanno esprimere la propria rabbia vivono più a lungo e, tra i partner, chi dei due soffoca la propria rabbia quando discute muore più giovane di chi la sfoga e risolve le situazioni di conflitto: soffocare la rabbia richiede infatti un aumento della pressione sanguigna che, a lungo andare, risulta dannosa per la salute.

La  rabbia è una delle 5 emozioni fondamentali e universali: sfumature di rosso che si attivano quando qualcosa o qualcuno interferisce con i propri obiettivi oppure passa sopra con un trattore a ciò che per noi riveste particolare importanza.  Finalità evoluzionistica della rabbia e dei meccanismi fisiologici corrispondenti alla sua attivazione è  l’eliminazione di ciò che si interpone fra sé e le proprie mete. Ma anche l’eliminazione dell’ostacolo, come sappiamo, si può ottenere con diverse azioni e soprattutto con stili diversi destinati ad avere esiti diversi.

La rabbia pura, a dosi elevate, fa paura e viene spesso bandita socialmente o censurata e inghiottita psicologicamente (ma essendo indigesta produce un sacco di danni) e le persone colleriche, che mal gestiscono la propria rabbia e che non sanno contenere scoppi d’ira, allontanano gli altri da sé e rovinano rapporti sia in ambito familiare che sociale e professionale. Non per nulla, oggi esistono associazioni per la gestione della rabbia, anger management.

584[1]COME SI INNESCA LA RABBIA?

Si deve all’amigdala il riconoscimento dei segnali e degli stimoli potenzialmente minacciosi e si deve alla propria storia e alle proprie esperienze di vita, non solo alla genetica, la valutazione che in automatico viene effettuata di ciò che per sé rappresenta una minaccia piò o meno grave. Qui hanno sede le differenze individuali: alcuni segnali possono quindi essere “trigger” della rabbia  per qualcuno, mentre per altri risultare indifferenti.

Ma se da un lato il segnale emerge al di fuori dalla sfera razionale, la modulazione della reazione al pericolo è opera della corteccia prefrontale, dove ha sede la capacità di ragionare: quindi, in base alla capacità che ciascuno matura di valutare anche razionalmente la minaccia è possibile decidere come agire di conseguenza, è possibile frapporre tra l’emozione emergente e la reazione successiva, la scelta. E quelle migliori non sono, come abbiamo visto, quella di far finta di niente (pressione alta) e neanche quella di spaccare tutto (isolamento).

CHE FARE DELLA RABBIA? AGIRLA, ESPRIMERLA, USARLA

Agire la propria rabbia direttamente è diverso che esprimerla o usarla. Agirla significa mettere in campo una risposta immediata, istintiva e primitiva alla minaccia. Rientrano in questa categoria gli scoppi di ira, le azioni vendicative fino alla violenza fisica.

Esprimere la rabbia significa invece attivare un confronto: comunicare gli effetti che la situazione ha su di sé, avviare un dialogo finalizzato a cambiare la situazione invece che sopportarla, dar valore all’impatto che la situazione ha su di sé e far emergere il problema, pur tenendo conto anche del nostro effetto sugli altri.

Al lavoro può significare confrontarsi: a volte nel confronto si rimane sorpresi da quel che accade affrontando la persona o il problema che genera rabbia.

Molti capi su cui convergono le ire dei collaboratori sono spesso ciechi. Lo dimostrano alcune esperienze in azienda che prevedono la raccolta delle opinioni e degli effetti che hanno i capi sui dipendenti: quando vengono riportate ai responsabili (in forma anonima) è sorprendente la reazione stupita di molti di questi che risultavano del tutto ignari delle reazioni scatenate. Tuttavia, un capo che non sappia riconoscere o sottovaluti i segnali del malcontento e della rabbia tra i propri collaboratori rischia di perdere sia la propria leadership, sia mordente operativo sul campo.

Scegliere di diventare più assertivi e chiari nelle comunicazioni significa anche assumersi la responsabilità di chiedere anziché lamentarsi!

Usare la rabbia: la storia ci presenta esempi sia di leader, sia di gruppi che, sulla base dell’energia “positiva” prodotta dalla rabbia, si sono uniti per cambiare le cose, che hanno saputo unire le forze e creare azione. Leader come Ghandi, Martin Luther King o altri hanno usato la forza della propria rabbia verso le ingiustizie per cambiare il corso della storia.

Nella negoziazione, le ricerche hanno dimostrato che un negoziatore arrabbiato tende a difendere meglio le sue posizioni, ma anche nella vendita, nella comunicazione, nella leadership: in tutti questi casi la rabbia può generare forza e impatto, influenza. E’ inoltre un antidoto alla paura e sostiene le azioni di coraggio, fornisce energia e la spinta iniziale per ribaltare le situazioni.

Tornare in contatto con questa fonte di energia è quindi salutare, riconoscerla e dosarne l’utilizzo e le azioni conseguenti può portare a decidere di cambiare le cose e risolvere i problemi.

Invece che sopprimerla o agirla, ciascuno può sperimentare l’effetto che ha la sua forza comunicativa quando, grazie a lei, si decide di passare all’azione.