TEST: un tram, fuori controllo e a tutta velocità, in discesa, si sta abbattendo su un gruppo di operai ignari che sta lavorando più sotto, proprio sui binari da cui passerà il tram. Dalla vostra postazione vi rendete conto che i 4 operai saranno travolti dal tram ma, contemporaneamente vi rendete anche conto che manovrando la leva del cambio di binario, che è accanto a voi, potrete deviare la traiettoria del tram sul binario accanto. Vi accorgete però che anche lì sta lavorando qualcuno: ma un solo operaio.
Che fate? Manovrate lo scambio? Se lo farete quell’operaio sarà ucciso, se non lo farete ne saranno uccisi 4. Decidete. Date la vostra risposta.
Ora immaginatevi sopra la torretta di guardia come nell’immagine. Siete consapevoli che il tram che sta sopraggiungendo a tutta velocità investirà 4 operai uccidendoli. Di fianco a voi c’è un uomo grosso che guarda lontano. Capite che se lo butterete giù cadrà proprio sui binari e la sua corporatura impedirà al tram di scaraventarsi contro i 4 operai. Che fate? Lo buttate giù?
La scelta è la stessa: la vita di un uomo per salvarne 4.
Ma le risposte a questi due test, proposto a centinaia di persone, sono molto diverse. Nel primo caso la maggior parte delle persone risponde che azionerebbe la leva per salvare il maggior numero di persone. Nel secondo caso, che da un punto di vista logico sarebbe uguale, le persone invece rispondono che non spingerebbero la persona giù dalla torre.
Perché non buttano giù una persona per salvarne 4?
Gli studiosi di etica e di psicologia hanno dibattuto molto sulle ragioni di questa scelta, ma solo negli ultimi anni si è potuto osservare che cosa accade nel cervello nei due casi, accompagnando il test con l’applicazione di tecniche di neuroimaging.
Ed ecco la sorpresa: il primo dilemma è trattato dal cervello come un problema di logica-matematica e si attivano le aree corticali connesse al network corrispondente. Nel secondo caso, dovendo interagire fisicamente con la persona e spingerla, sorprendentemente, si attivano aree del cerello completamente diverse: vengono pesantemente reclutate le aree emotive e questo capovolge i risultato.
In questo secondo scenario, siamo dentro ad un conflitto, da un lato la logica ci dice che è giusto salvare 4 persone al posto di una ma, dall’altra, l’accesso ad un sentimento viscerale, oltre che ad una valutazione logica, impedisce di agire in nome di un ragionamento e basta.
La capacità di chiamare in causa e di percepire l’emotività compressa in alcune decisioni, o di prendere contatto diretto con alcune situazioni prima di procedere alla decisione impedisce di commettere errori di valutazione madornali. Accostarsi alle situazioni (per esempio nella valutazione, nei feedback e in molte altre occasioni aziendali), percepire i segnali del corpo e scegliere deliberatamente di prendere decisioni ascoltando il lato “emotivo” dei fatti e dei dati può decisamente migliorare la valutazione finale ai fini della decisione.
Immaginate che vi arrivi un pacco a casa ma vi rendete conto che il pacco non è per voi, ma per il vostro vicino.
Bene, attraversate la strada e vi avvicinate al cancello per consegnarlo ma un enorme cane vi ringhia e vi abbaia contro. Cosa fate? Aprite il cancello e andate fino alla porta o aspettate? Il fattore statistico-matematico qui non è la miglior soluzione per prendere una decisione: conoscere la percentuale di cani che hanno assalito vicini con un pacco in mano non vi aiuterà a prendere una decisione. Questa cosa vi produce immediatamente un effetto viscerale.. e istintivamente sentite il bisogno di allontanarvi dal cancello e magari restituire il pacco con una telefonata. Lo stato del vostro corpo è un buon riassunto della situazione: battito cardiaco, sudorazione, tensione muscolare, viscere contratte, stato di allerta generalizzato.
Nella maggior parte dei casi i segnali del corpo sono meno marcati, così tendiamo a non accorgercene, a sottovalutarli o a non esserne consapevoli: tuttavia sono segnali fondamentali per prendere decisioni.
Scegliere di focalizzare deliberatamente la propria attenzione anche sugli aspetti emotivi, o riconoscere in che modo e in che misura questi aspetti stiano impattando sulle decisioni fornisce nuove risorse e informazioni per valutare le situazioni.
L’illusione di razionalità uccide il risvolto umano delle decisioni e il contrario ne uccide gli aspetti di ordine economico. Per equilibrare questa due parti occorre ascoltare segnali razionali e irrazionali.
In fondo, il mondo e le aziende sarebbero migliori se ci comportassimo tutti come robot?