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Questo post è apparso sulla rivista Direzione del Personale – AIDP – nel 2016.
L’incertezza fa paura: il nostro cervello è esperto di sopravvivenza, odia l’incertezza e ha continuamente bisogno di fare previsioni. Calcola in modo repentino minacce e opportunità per potersi mettere in postazione di controllo delle situazioni: ha bisogno di fare piani e progetti che lo facciano sentire padrone delle situazioni e in grado di gestirle. La paura che si sviluppa dall’incertezza indebolisce le risorse cognitive e sociali, aumenta lo stress, abbassa le difese. Ne risultano difficoltà a gestire le situazioni e i problemi e la tendenza ad ingigantirli e a vedere più “fantasmi” di quelli effettivamente esistenti. Ne derivano minori risorse operative proprio in un momento in cui le organizzazioni ne hanno più bisogno.
A livello neurale, quando viviamo l’incertezza c’è molta più connessione tra ACC, amigdala e insula, le stesse connessioni che si attivano per il dolore e coinvolte nella paura. La corteccia orbitofrontale (OFC), che ha un ruolo di errordetector, lavora di più per individuare possibili minacce nell’ambiente, col dispendio di energia che questo comporta. D’altro lato è meno attivo lo striato e quindi abbiamo meno dopamina in circolo. Quindi meno attenzione, meno capacità di ragionare e di essere lucidi.
A livello organizzativo, ecco alcuni TIPS che, secondo le neuroscienze, possono favorire un’inversione di tendenza nelle fasi di transizione. Il ruolo dei leader è fondamentale: è necessario preparare i manager a essere consapevoli di come le loro parole, emozioni e comportamenti influiranno pesantemente sui risultati ottenuti e le ricerche in ambito neuroscientifico possono contribuire decisamente a creare il clima adatto al mantenimento delle performance.1. Per poter fare le sue previsioni il nostro cervello brama le informazioni. Prima vengono date, prima si placa e torna a funzionare normalmente. Ma attenzione a non fornire informazioni che saranno poi disattese perché sono un boomerang.

2. Il cervello funziona in modalità risparmio energetico e sceglie la via più breve per raggiungere gli obiettivi (short cuts). La tendenza a seguire la via più breve può essere favorita per raggiungere obiettivi attraverso azioni di nudge (la spinta gentile).

3. Il cervello è sociale, ha bisogno di sentirsi incluso, ascoltato e partecipe. È un fatto legato alla sopravvivenza, all’esclusione reagisce limitando le risorse disponibili. Non è mai sprecato il tempo passato ad occuparsi della relazione coi dipendenti e delle relazioni tra dipendenti in questa fase.

4. “Insieme”, è una parola magica per il cervello: nei processi di comunicazione la parola in sé ha un impatto positivo sul coinvolgimento delle persone e nel sollecitare il reward system.

5. Le emozioni sono contagiose: è auspicabile individuare le persone che possono influenzare con emozioni positive il clima, così come occuparsi di evitare che le emozioni negative scaturiscano dalle parole e dalle azioni dei leader. Anche i pari hanno un grosso potere di influenza emotiva.

6. Controllo emotivo: in fase di cambiamento è elevato lo sforzo che le persone fanno per gestire le emozioni (negative soprattutto), richiede molta energia e un dispendio in eccesso di glucosio, quindi meno risorse per lavorare. Ci sono vari antidoti, per esempio, le ricerche hanno dimostrato che nominare le emozioni (quelle negative) ne riduce l’intensità. Richiamare i successi passati sviluppa dopamina ed è una strategia per attingere a nuove risorse e sollecitare la motivazione.

7. Lo stato emotivo: nello stato di flow si ha maggiore probabilità di essere creativi. Avviare attività all’interno delle quali le persone possano rigenerarsi e ripristinare le risorse emotive accedendo a questo stato può essere utile per estrarre creatività.

8. L’autonomia è una necessità vitale: fare in modo che le persone avvertano di avere scelta è necessario per farle sentire in controllo della situazione.

9. Fare attenzione alla giustizia percepita: qualora vi fosse sentore di ingiustizia nei processi di cambiamento si perderebbero immediatamente tutti i benefici della collaborazione e della proattività ottenuta.

10. Neuroplasticità: possiamo cambiare e apprendere fino a tarda età. Passare questo concetto ai dipendenti è importante, favorire l’inserimento graduale di attività nuove e il loro allenamento riduce lo stress e rinforza le nuove connessioni sinaptiche.

11. Sotto l’effetto di incertezza aumentano i bias decisionali (nei capi soprattutto), gli errori percettivi e di comprensione: fare attenzione ai messaggi inviati e a come vengono registrati.

12. Favorire l’insight, ovvero attività e incontri che mettono le persone in condizioni di cercare soluzioni individualmente o insieme.

13. Usare immagini e storytelling per trasmettere i messaggi relativi al futuro ha un più forte impatto emotivo e viene meglio memorizzato.